“Amatevi tra voi di un amore forte, di autentica condivisione di vita: amate tutti coloro che incontrate sulla vostra strada. Nessuno Escluso, Mai”.
Frase non troppo celebre che ha attirato l’attenzione di diciassette scout, calabresi, campani e siciliani che hanno scelto di mettersi sulle orme di colui che pronunciò tale aforisma: Don Italo Calabrò: prete, insegnante di religione, ma soprattutto, attivo cittadino contro la criminalità organizzata e a favore degl’ultimi.
Noi, Rover e Scolte, abbiamo ascoltato le testimonianze del Prof. Mimmo Nasone e di Giuliano Quattrone. Grazie a Nasone, anche lui insegnante di religione, presso il medesimo Istituto del suo docente e mentore, Don Italo, abbiamo scoperto quest’ultimo nelle vesti di insegnante –non può in effetti, esser considerato altrimenti-, un insegnante che decide di far scoprire le realtà più lucubri e crude della città di Reggio Calabria ai suoi alunni -tra cui, appunto, il giovane Mimmo-. In primis la realtà del Manicomio Provinciale, triste luogo in cui venivano rinchiusi non solo i cosiddetti soggetti mentalmente instabili, ma anche membri scomodi per i potenti e cause di problemi all’interno delle famiglie, quali, ad esempio, gravidanze fuori dal matrimonio o frutto di relazioni incestuose. Dei più di mille pazienti, riesce a farne uscire solo quattro, ospitandoli in “case d’accoglienza”. Analoga azione l’ha compiuta anche nei confronti di cinque senzatetto che, nei mesi invernali, coperti solo da cartoni, creavano il loro giaciglio sotto i portici del Duomo. Grazie a Don Italo, quest’ultimi vengono introdotti nei locali della Caritas, riuscendo a ricevere un adeguato sostegno di vitto, alloggio, ma, soprattutto, morale. Abbiamo scoperto, inoltre, l’impegno di Don Italo contro la ‘ndrangheta, portato avanti dallo stesso suo alunno, come coordinatore di “Libera”. Giuliano Quattrone, direttore della rivista “N.E.M.”, invece, ci ha permesso, attraverso alcuni video, di ascoltare dalla voce dello stesso sacerdote, la sua passione per questa terra e per la gente che la abita.
Dopo le due testimonianze su Don Italo, abbiamo conosciuto una delle tante realtà di aiuto di Reggio: “Help Center, Casa di Lena”, un centro di ascolto gestito da Bruna Mangiola, dove abbiamo ascoltato aneddoti e dove abbiamo avuto un assaggio del tipo di servizio quotidiano presso quel locale nei pressi della Stazione Centrale. Servizio, che non si limita alla semplice distribuzione di pasti caldi, ma che offre anche appoggio legale e psicologico. Soprattutto psicologico. Insomma, un porto sicuro per gli amici di strada, che nei mesi invernali hanno la possibilità, anche di notte, di ricevere vestiti e coperte, ma soprattutto quello che è calore umano, presso i loro rifugi improvvisati.
Il secondo giorno, domenica, da Ortì, ci siamo recati, attraverso un sentiero immerso nella natura e le stradine di un paesino, a Sambatello, dove abbiamo fatto visita alla tomba di Don Italo -avendo modo di constatare ulteriormente la sua umiltà- che pochi giorni prima della morte, pronunciò la volontà di non voler altro titolo sulla lapide, se non semplicemente quello di “sacerdote”, pur essendo vicario e monsignore; e prendendo atto anche dell’affetto che, a distanza di più di trent’anni, la gente prova ancora per lui: tanto da lasciargli, ogni qualvolta si rechi al cimitero, un fiore. Abbiamo avuto inoltre,
l’opportunità di riascoltare, ancora una volta, il Prof. Nasone, che ci ha annunciato la notizia dell’inizio del processo di beatificazione di Don Italo Calabrò.
È stato nella tarda mattinata che abbiamo conosciuto un’altra realtà di servizio: il Convento delle Suore Alcantarine di Archi, dove ogni giorno, dal lunedì al sabato, ospitano, all’ora di pranzo, gli amici di strada per un conviviale pasto in loro compagnia. Scoperta, quest’ultima, fatta anche grazie a un gioco di ruolo, frutto della fantasia delle consorelle Suor Eva e Suor Simona, che dividendoci in gruppi, ci hanno fatti calare nei panni di alcuni degli amici di strada e di alcuni volontari. Ma il convento non si limita solo al servizio mensa. È infatti interesse delle alcantarine, anche l’animazione di strada del quartiere, che il pomeriggio, soprattutto nelle giornate di bel tempo, intrattengono i bambini e i ragazzi proponendo loro diverse attività. Ma, ancora, non solo questo… grazie ad alcuni volontari, hanno istituito un centro creativo, che soprattutto nella bella stagione, fa sì da tenere lontani i ragazzi dai malsani climi della criminalità organizzata, facendo vivere loro il bello, il giusto, il sano.
Emotivamente più impegnativo, è stato il pomeriggio, quando, in visita alla sede scout di Archi, abbiamo ascoltato il racconto dei capi unità sulla storia della sede e del gruppo. Una sede ospitata in una struttura confiscata alla cosca più importante del quartiere circa dieci anni fa. Ancor di più, però, è stato formativo il racconto di Elena Crucitti e Mimmo Polito, che hanno narrato, attraverso un dibattito diretto con noi ragazzi, cosa sia stata e cosa sia oggi, effettivamente, la ‘Ndrangheta e quale sia il ruolo dello scoutismo nella “sconfitta” di essa… la capacità, un po’ come le suore Alcantarine, ma forse con maggior forza, di allontanare i ragazzi dalla criminalità, di far conoscere loro il senso della vera comunità: una comunità dove ognuno è al pari degli altri, dove ognuno si preoccupa del bene del prossimo. Concludendo il pomeriggio con una lettera, una lettera che gli stessi Elena e Mimmo hanno scritto a colui che, con profondo dolore –notato anche attraverso la voce spezzata di Elena, durante la lettura- hanno definito il loro fallimento nel servizio educativo: una lettera a un ragazzo che, dopo aver vissuto l’esperienza del branco presso il loro gruppo, ha scassinato e deturpato la sede. Stimolante è stata senza dubbio, la presenza della ricercatrice francese Solene Descamps, venuta a Reggio per studi e approfondimenti sul metodo ‘ndranghetista di operare nei confronti della società e, soprattutto, dei giovani.
Il campo si è concluso lunedì 1° Maggio, con la visita alla “Comunità Alloggio Casa Gullì”, gestita da Roberta Racinaro, intitolata a Don Italo Calabrò, che per primo ebbe in mente un progetto di tale calibro, poi realizzato a quindici anni dalla sua morte, nel 2005. Realtà che ospita utenti con gravi disabilità, dando loro la possibilità, grazie al loro grande terreno di “gestire” una piccola fattoria e soprattutto un laboratorio autogestito, dove si prodigano nella realizzazione di raffinate ceramiche.
Grazie alla pattuglia R/S incaricata alla realizzazione e allo Staff dei Capi Campo: Antonello Praticò, Valeria Sculli, Don Antonino Iannò, Valentino Scordino, Simona Spagna, Caterina Romeo, Luisa Mafrici, Silvia Grasso, che hanno permesso non solo di scoprire realtà di Reggio sconosciute anche ai Reggini, ma soprattutto di scoprire cuori, di scoprire Persone.
I Rover:
Giovanni Morabito –Brancaleone 1,
Laura Rizzuto –Villa S.Giovanni 2,
Pietro Valenti –Reggio Calabria 1.